Dalla visual alla visualart. Lorenzo Marini: “Dopo vent’anni di silenzio, vi svelo la mia arte”
Una luce bianca, calda, accecante. Una materia impalpabile che si posa lieve, come la neve, e attenua ogni contrasto, lenisce ogni dolore, per arrivare diritta all’anima.
E’ un bianco intenso e avvolgente quello che illumina le opere di Lorenzo Marini, per la prima volta esposte nel foyer del teatro Vittorio Emanuele di Messina nel corso della personale dell’artista, curata da Saverio Pugliatti.
Un silenzio avvolgente, candido come un angelo, come la neve, perché il bianco, che è il tratto distintivo delle opere di Marini, è la somma di tutti i colori, ma è sopratutto presenza, eleganza, attesa dell’inchiostro su un foglio bianco, del colore su di una tela. Una scelta radicale e intensa che non conosce compromessi.
Trovare la diversità nell’unità: è questo uno dei tratti distintivi di Marini. Pubblicitario affermato e artista riservato, sconosciuto al grande pubblico per scelta l’autore, che vive e lavora tra Milano, Los Angeles e New York, ha protetto sino ad oggi le sue opere dal clamore della pubblicità.
La formazione artistica di Marini, dopo la laurea in architettura conseguita a Venezia, si consolida all’Accademia delle belle arti, sotto la guida del maestro Emilio Vedova.
Il bianco, che per l’autore non è mai uguale a se stesso, è la base sulla quale Marini esprime la propria arte: segni, tracce di colore e schemi che rappresentano il substrato di una tensione artistica inedita e introspettiva.
“Una collana non è fatta solo di perle, ma dal filo che le lega. Allo stesso modo – spiega il famoso art director – dietro qualsiasi oggetto esiste qualcosa di invisibile ai nostri occhi: un legame, una storia, un’anima, un unione, come quella che lega il bianco al silenzio. Il bianco è quel raggio di luce scomposto che crea l’arcobaleno. La luce è mutevole, perchè un tramonto non sarà mai come l’alba. Così il bianco, come la neve, non ha una forma, ma fa sua quella dell’oggetto sul quale si posa. Un’altra cosa che mi affascina è il vento – racconta Marini – che non ha una forma e non si può descrivere, puoi solo raccontarne l’effetto”.
Arte e pubblicità, giorno e notte, sfera pubblica e privata. Realtà opposte che si completano e trovano nelle opere di Marini un equilibrio perfetto: “La pubblicità, un mondo che frequento pubblicamente, è colore, è show, è esibizione – spiega l’autore – l’arte per me è l’esatto opposto: è introversione. Per questo dipingo di notte, nel silenzio, da vent’anni. Posso affermare di avere avuto un’amante segreta. Una doppia vita che ho deciso di svelare solo recentemente. Il mio bianco è una forma quadrata che non ha mai lo stesso tempo; non ho fretta di dipingere – prosegue – e non conto mai il tempo, vivendo nell’eternità. In pubblicità qualcuno ti chiede qualcosa è devi farla con i tempi dettati dalla committenza. Nell’arte, invece, nessuno ti chiede niente e le tue mani, la tua mente producono solo per te”.
Una vita parallela che ha visto l’artista esporre le sue opere a New York, Miami, Praga, Milano, Firenze e Padova, conquistando l’attenzione dei più importanti studiosi ed esperti d’arte: “In pubblicità tutto è irreale, pianificato – racconta Marini – nei miei quadri, al contrario, tutto è fresco, è improvvisazione. Fuori dal lavoro mi abbandono all’istinto e creo, non con la finalità che qualcuno veda le mie opere, ma abbandonandomi a una ricerca personale che adesso ho deciso di condividere”.
Tra le opere esposte nella personale, che sarà possibile vistare sino al prossimo 16 novembre, anche un’opera dedicata a Messina: “E’ un omaggio alla città – sottolinea Marini – un modo per dire grazie a chi mi sta ospitando. Ho sempre visto Messina da lontano e per me questa città è sopratutto il suo mare, perché è con il mare che Messina ha un rapporto vero, un rapporto di amore. Nel mare si innamora, si specchia, si riconosce e, dal mare, guarda l’altra parte. La terra non è altro che un segno. Ogni cosa qui è mare: guardi il tramonto, guardando il mare. Per questo – spiega l’artista – nel realizzare quest’opera ho scelto di dare spazio ad un azzurro arricchito da riflessi di luce. Una matematica stellata, cielo e mare, che ho volutamente rappresentato al contrario con il suo caratteristico porto, che per voi rappresenta una falce, ma che per me è una mano. Una visuale che vuole uscire dall’ovvio – aggiunge l’autore – perché guardiamo le cose sempre orientati a nord, secondo logica, e mi piaceva l’idea di capovolgere il punto di vista”.
Affermato art director, Marini, nella sua personale, ha dato spazio anche al suo lavoro da pubblicitario, riproposto in chiave artistica: “Tutte le pubblicità si basano su un problema e una soluzione. Annunci fatti di un testo, un titolo, un logo in madreperla, che è sempre bianco”.
Una dimensione concettualista e simbolica con la quale l’artista rappresenta i cinque elementi che compongono il creato: “Ho pensato di realizzare un quadro cubico – spiega – un gioco di spazi, di elementi e materiali diversi come argento, plastica, oggetti usati nell’ottica di una catalogazione del bianco. Una composizione che non segue le superate geometrie razionaliste, ma la freschezza dell’acquerello che non prevede il ripensamento. La nostra essenza è un filo bianco luminoso che si chiama anima. Con gli occhi abbiamo la vista, ma con l’occhio cogliamo la visione. Esiste una polarità nella quale tutto l’universo è plasmato – aggiunge Marini – per questo ci sono uomini e donne, siamo emotivi e razionali, c’è la notte e il giorno: ma l’anima non è maschio e neppure femmina”.
Autore di grande impatto emozionale, Marini indaga sul presente senza dimenticare il passato che lo ha determinato: “Mi sono chiesto se fosse possibile raccontare la storia con la grafica – racconta – e la risposta è sì. Si può raccontare tutto. A piazza Tienanmen, il 4 giugno del 1989, i soldati hanno sparato e, nell’opera che ho dedicato a questo luogo – spiega Marini – ho usato il rosso che rievoca il sangue versato da un regime che ha tentato di nascondere quegli eventi sotto il bianco”.
Dietro ogni apparenza, dunque, c’è sempre qualcosa di più grande. Una linea retta, o forse un cerchio, che il bianco silenzioso di Marini non svela mai sino in fondo.
Emma De Maria