"Prima del bianco", le finestre di Emanuela Ravidà: uno sguardo oltre l'essenza d'
Una finestra consunta, segnata dall’inesorabile trascorrere del tempo. La vernice bianca, ormai ingiallita, ha svelato un volto ruvido, invecchiato, vissuto.
Tracce di ruggine sulle maniglie e sui battenti sui quali, centinaia di volte, ripetutamente, avidamente, si sono posate mani sconosciute, mentre i raggi del sole ne attraversavano veloci i vetri sottili e la pioggia, lieve o impetuosa, ne accarezzava la superficie.
Un’energia, umana e naturale, che si è plasmata, coniugata e inscindibilmente unita sullo scheletro di una finestra, legame tra uno sguardo e il mondo esterno. Arte, natura, energia: sono le tre componenti intorno alle quali si declina la visione artistica di Emanuela Ravidà, in arte “Re“, che nella finestra trova l’oggetto simbolo del suo cammino di interprete “non convenzionale”.
Un equilibrio perfetto, all’interno del quale la natura, in tutte le sue declinazioni, forgia e allo stesso tempo porge all’artista un substrato sul quale Re, interprete intensa ed emozionale, interviene con una tecnica innovativa che predilige materiali di scarto e di vernici.
“Amo prevalentemente l’utilizzo di materiali che non hanno alcun legame tra loro, come vernici ad acqua e vernici sintetiche. Sostanze profondamente diverse che, incontrandosi, producono una reazione, una traccia che mi guida in un cammino nel quale è la natura a dettare le sue regole. Anche il tempo di realizzazione – spiega l’artista – è frutto di una scelta consapevole, che lascia sia la materia sulla quale lavoro, non solo tele ma anche utensili, vecchi infissi e finestre, ad essere plasmata dal tempo, dal sole, dalla pioggia, dal vento, dall’umidità e dal succedersi delle stagioni”.
Un dialogo incalzante, un moto perpetuo, che riporta la natura al centro della creazione: “Preferisco sia la natura a reagire con la sua mano inconsapevole – prosegue Re – un’energia creativa esterna in grado di creare sfumature che nessun artista con il proprio pennello potrebbe mai riprodurre. Se qualcosa viene realizzato casualmente dalla natura diventa perfetto, l’intervento umano invece, non è mai casuale, ma è saturo di contaminazioni, sollecitazioni specifiche che ne veicolano l’azione. L’arte per me – spiega la giovane artista – è atmosfera, sfumature, attimi, sensazioni”.
Una natura maestra, forza ed energia propulsiva, che nei quadri di Emanuela Ravidà torna a riappropriarsi delle regole di un gioco ancestrale, all’interno del quale l’uomo ha tentato ritagliarsi un ruolo predominante: “Il legame tra uomo e natura trae ispirazione nelle mie opere dallo studio di Joseph Beuys, un’artista che si è sempre speso per la salvaguardia dell’ambiente. Nel corso della propria evoluzione, l’uomo ha perso contezza dell’intimo legame che esiste con la sua dimensione naturale – sottolinea l’autrice – ritagliandosi così una condizione di autoreferenziale onnipotenza che lo porta a porre se stesso al centro della creazione.
Una creazione fittizia che la natura può cancellare, per rimettere ogni cosa nel suo ordine naturale; perché ciò che la natura produce non è mai casuale ed è qualcosa di puro e disinteressato: un eterno, movimento che non ha un inizio né una fine”.
Tele, supporti in metallo, tavole dismesse, materiali abbandonati e recuperati nell’immondizia; oggetti nei quali Re coglie un’essenza, un’energia, una storia, una voce che racconta di sguardi ed emozioni: “Dietro ogni finestra c’è un’energia speciale – racconta – ho immaginato quante volte il nostro sguardo ha attraversato quei vetri, per guardare per l’ultima volta una persona che è andata via per sempre o, al contrario, per sorridere a qualcuno che invece tornava. Quante volte quelle finestre sono state il filtro attraverso il quale abbiamo ammirato il cielo, le nuvole, le stelle; quante volte sono state spalancate per respirare l’aria fresca della notte".
"Andare oltre – spiega Re – è questo l’esercizio che cerco di compiere ogni volta, quando non mi fermo semplicemente ad immaginare un paesaggio ideale, ma in quel momento sono lì, da qualche parte nel mondo, e la mia mente viaggia come il vento: dagli uggiosi cieli della campagna inglese alle desolate lande siberiane, mentre respiro l’aria inquieta e satura di energia prima dell’arrivo di un uragano. Lascio che sia la natura ad esprimersi, affinché sia il tempo e non io a dipingere. In me stessa vedo semplicemente uno strumento che raccoglie, definisce e consegna. Io non scelgo le forme, sono le forme che mi forniscono un indizio, una traccia che diventa la mia dimensione”.
Nata a Milazzo, formatasi artisticamente tra Messina e Reggio Calabria, dove ha frequentato l’Accademia delle Belle Arti, Emanuela Ravidà è la più giovane autrice ad esporre nel corso della rassegna “R-esistenza d’artista – Visioni di arte contemporanea”, con la personale “Prima del bianco”, curata da Saverio Pugliatti in collaborazione con Giuseppe Morgana, presidente dell'associazione culturale Siddharte: “Il percorso artistico di Emanuela è pieno di alchimie all’interno delle quali il tempo rappresenta una delle componenti fondamentali. E’ il tempo il protagonista – spiega il responsabile dell’associazione culturale Siddharte – che trasforma le stratificazioni di materia, preludio di una tecnica unica e personalissima nata dopo anni di sperimentazioni e studio, che mi ha colpito in un’artista così giovane. Una scintilla che va oltre la visione più immediata di arte”.
Un diesis, una miscela dall’indiscusso impatto emotivo, che sarà possibile visitare fino al prossimo 29 novembre, all’interno della sala espositiva del teatro Vittorio Emanuele, palcoscenico per il debutto di un progetto di respiro europeo, che vedrà la giovane artista milazzese esporre alcune opere inedite a Stoccarda, il prossimo autunno.
Emma De Maria