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“Nell’ora violetta”, la creazione di Sara Teresano plasma l’eterno nel volto di nove fanciulli


Polistirolo e sale, carta e cera, terracotta patinata a freddo. Un’atmosfera impalpabile, intimamente surreale e avvolgente; una trama sottile che declina la materia e plasma uno spazio eterno.

E’ l’apoteosi del giorno che muore, gli ultimi bagliori della luce solare. Appena pochi istanti, prima che l’astro abbandoni l’orizzonte e offra, così, il suo raggio più luminoso. Un momento che è esaltazione dell’attesa, speranza e desiderio: un instante che raccoglie l’immensità del creato.

“Nell’ora violetta” è il titolo della personale di Sara Teresano: cinquanta opere, molte delle quali esposte al pubblico per la prima volta, che traggono ispirazione da “La terra desolata”, dell’americano Thomas Stearn Elliot.

Poesia dell’incanto, approccio intimistico e produzione artistica che si lasciano ammirare in silenzio, trattenendo il fiato, per non spezzarne la magia. I delicati volti di nove fanciulli, incarnazione di un sogno metafisico, rappresentano le “Cinque stagioni”, il quinto elemento che l’autrice aggiunge è l’essenza delle canoniche stagioni, e “Quattro sogni”.

“Dietro le mie opere c’è molto più di quanto io stessa desideri mostrare al pubblico – spiega la Teresano – ognuna delle mie produzioni cela un dolore, una sofferenza: il dramma dell’esistenza umana. Sono profondamente convinta che esista una dignità nel dolore, una sofferenza che provo a mitigare”.

Protagonisti della declinazione artistica della Teresano sono donne e bambini, l’umanità più fragile: “Attenuare il dolore non significa cancellarlo, attenuare il dolore significa sopravvivere, sconfiggere il male – racconta la scultrice – sino a qualche anno, le uniche protagoniste dei miei lavori erano le donne. Dell’immagine femminile ho sempre esaltato femminilità e maternità, accentuando quelle forme che le donne provano a nascondere, perché legate a canoni e stereotipi androgeni. Poi – prosegue – è arrivato il dramma dei piccoli migranti e ho deciso di raccogliere anche quel dolore”.

Femminilità e infanzia sono il senso più profondo della dimensione umana e, in quest’ottica, appare ancora più ancestrale la scelta di utilizzare, come veicolo della sua cifra stilistica, il sale.

Bianco e cristallino, il sale è spesso unito a polistirolo, carta e cera, senza però, alterarne la natura: “L’umanità ne ha sempre avuto bisogno – spiega l’artista – e la sua valenza è duplice. Il sale rappresenta il limite tra la vita e la morte, la conservazione e la memoria”.

A presentare le opere della Teresano, esposte nella sala mostre del teatro Vittorio Emanuele sino al prossimo 17 aprile, nell’ambito della rassegna “R-esistenza d’artista. Visioni d’arte contemporanea”, curata da Saverio Pugliatti, il critico d’arte Giampaolo Chillé: “L’indiscusso valore artistico di Sara ha da diverso tempo varcato i confini nazionali – esordisce l’esperto – una produzione scultorea, l’unica italiana, che è stata catalogata al Metropolitan Museum di New York”.

La mostra, che è stata suddivisa in due differenti momenti, tra il Vittorio Emanuele e la galleria d’arte Kalòs, consta di circa 50 opere realizzate tra il 2014 e il 2016, differenti per iconografia e stile, ma legate da un invisibile filo stilistico ed esecutivo: “Si tratta di sculture attraverso le quali – spiega l’esperto d’arte Rinascimentale – è possibile cogliere, al di là di un vibrante plasticismo, la presenza di un’indagine che si inerpica su terreni mutevoli e impalpabili”.

Un equilibrio concettuale e fisico che progressivamente, come l’ultimo raggio di sole “Nell’ora violetta”, svanisce per lasciare spazio alle ombre della sera: delicate immagini di fanciulli, morbide creature femminili, evanescenti concrezioni di cristalli di sale e suggestive composizioni di alabastro. Un’atmosfera onirica che le svincola da qualsiasi condizionamento materico, spaziale o temporale.

“Sogno e memoria rivivono nell’uso simbolico del sale, espressione d’eternità e preservazione, che è il punto di partenza di tutta l’opera della Teresano. Una tradizione aulica di respiro Rinascimentale – spiega Chillé, recentemente rientrato in Italia dagli Stati Uniti – che è personificazione di sogni, innocenti e privi di malizia, semplici ed eterei, personali e universali. Sogni di bambini che, parafrasando Shakespeare, sono fatti della stessa sostanza essi stessi”.

Emma De Maria

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